Prima di qualsiasi analisi psico-socio-pedagogica sui social network.
Prima di chiedersi come si possa morire a soli 10 anni per una sfida su Tik Tok.
Prima di chiedersi “a che punto sono arrivati i nostri giovani”.Prima di compatire ragazzini goffi su Youtube.
Prima di studiare le conseguenze sul cervello dello stare “troppo tempo” in rete in età infantile.
Prima di accettare che la rete, l’internet, È UN LUOGO, Un luogo reale con le sue opportunità, le sue leggi, i suoi usi e costumi e che nel 2021 non ha più senso parlare di vita reale e vita online.
Prima di tutto questo è ora che il mondo adulto e noi genitori prendiamo coscienza di una cosa: stiamo infrangendo le leggi!
Il GDPR (Regolamento europeo della protezione dei dati personali) stabilisce che prima dei 16 ANNI (s-e-d-i-ci) nessun minore possa autorizzare il trattamento dei propri dati personali senza l’autorizzazione di un genitore o di chi esercita l’autorità genitoriale.Lo stesso regolamento prevede la possibilità che i singoli stati possano stabilire un proprio limite.L’Italia ha stabilito che quel limite sia 14 anni (dlgs 196/2003 modificato dal decreto 101 del 10 agosto 2018). Ergo, prima di quella data se un minore sta sui social o si iscrive a qualsiasi servizio che preveda il trattamento dei propri dati personali DEVE essere autorizzato da un genitore.I bambini non possono, per legge, stare su nessun social network senza l’autorizzazione di almeno un genitore. Almeno fino a 14 anni.
Ora, appurato che siamo dei delinquenti, ha senso fare analisi sulla fragilità psichica, emozionale di un ragazzino di 11 anni che non riesce a valutare il rischio di certe pratiche? (domanda aperta).
Ha senso arrabbiarsi accusando i bambini di non sapere usare whatsapp e di non sapersi rapportare nel modo corretto con i propri coetanei sui social?
Ha senso mettere cuoricini alla foto che nostro figlio/a ha pubblicato su Instagram?
Ha senso regalare uno smartphone con sim (intestata a noi) e connessione dati alla prima comunione e lamentarsi poi che stanno sempre attaccati al cellulare?
Dareste le chiavi della macchina a vostro figlio/a 14enne?
La social education va benissimo quando è lecito farla.
Sono domande che ci costringono a interrogarci sul nostro essere adulti, genitori, esempio a cui tendere.Adesso però è ora di farlo seriamente, non possiamo più aspettare.
Abbiamo bisogno di un patto adulto condiviso a cui aderire. E se proprio abbiamo paura di prendere una decisione, per esempio non dando il cellulare a nostro figlio di 8 anni, appelliamoci alla legge.
In modo che nessun bambino possa dire che siamo cattivi perchè è l’unico che non ha uno smartphone.
La rete facciamola noi adulti, accompagniamo i nostri figli durante le loro navigazioni internautiche ma solo quando ci è permesso farlo, senza scusanti, senza autogiustificazioni che ci assolvono la coscienza, senza sottovalutazioni.
Iniziamo seriamente ad essere consapevoli, aiutiamoci e facciamoci aiutare da chi può e sa farlo.Per non piangere più bambini e ragazzini crollati sotto un peso che gli abbiamo messo noi sulle spalle.
Ciurma, sveglia che è tardi!

PS. stiamo iniziando a lavorare al “manifesto dell’adulto consapevole“. Vuoi essere dei nostri? Associati o sostienici per dare il tuo contributo ad un modo più consapevole!